“Soffice come l’erba ruvido come l’asfalto”
nasce dall’esperienza vissuta da Tomaso
Clavarino per oltre tre mesi in via Quarti,
a Milano, e negli immediati dintorni.
L’artista raccoglie e restituisce un mosaico
variegato di frammenti, immagini asciutte
e formalmente controllate, dettagli e
sfumature rivelatrici di una frequentazione
attenta e prolungata.
Gli oggetti, i particolari, i colori
si rivelano così necessariamente esatti,
perfettamente riconoscibili per chiunque
attraversi, viva, lavori in questo o in
altri quartieri di periferia, sebbene ogni
singola situazione possa apparire casuale
e transitoria.
I ritratti — pur sfuggenti, com’è naturale
che sia in una geografia sociale così
complessa e stratificata — suggeriscono una
complicità diffidente ma schietta e reale,
lo si capisce. Misurano lo spazio fisico e
gli danno senso. Non a caso le persone con
cui Clavarino ha stretto un patto silenzioso
sono giovani e adolescenti, un momento
della vita di per sé simbolo di passaggio,
dolcezza e durezza insieme, ricerca spesso
sofferta di una rappresentazione di sé.
La presenza umana si relaziona con
il cemento e l’asfalto propri della città
ma anche con il verde e la natura che
proviene dal parco delle cave, presenza
quasi selvatica e paurosa, che sembra poter
forzare e insinuarsi tra i palazzi ALER.
Nel loro apparire indefiniti, ossia che non
si prestano a una definizione univoca e una
funzione precisa, gli spazi che compaiono
nelle fotografie ci ricordano quanto
indeterminatezza possa anche significare
possibilità, soprattutto in una città come
Milano, ossessionata dall’occupazione
di ogni vuoto, dallo scintillio di ogni superficie,
dalla misura, dalla rendita
e dalla prestazione. Reclamano una
loro presenza di fronte alla storia,
ricordandoci, semplicemente, che ci sono.
E che tra le erbe disordinate e spontanee,
il calcestruzzo che si sgretola, le distese
di ghiaia con i segni degli pneumatici,
le recinzioni divelte che aprono mondi,
si cresce si gioca ci si ama come e forse
più che in altri luoghi.
Tra esploratore e viandante, Tomaso
Clavarino non fa altro, in fondo, che
percorrere un luogo consueto e misterioso
insieme, lentamente, con una sensibilità
non comune, alla ricerca di indizi,
per costruire una mappa che consenta a noi
spettatori di orientarci e a chi ci vive
di riconoscersi, anche solo parzialmente.
E in questo modo ci fa incontrare.
“La storia comincia raso terra, con dei
passi”, scriveva De Certeau.
Estratto dal testo “Raso terra”
di Matteo Balduzzi
PUBLISHED BY
Comune di Milano
PHOTOGRAPHS
Tomaso Clavarino
TEXTS
Matteo Balduzzi
Matteo Nardiello
GRAPHIC DESIGN
Paolo Angelini
PAPERS
Favini Burano Grigio Grafite 250g
Magno Volume 135g
TYPE SET
FT Regola Neue, Formula Type
PRINT RUN
400 copies
Soffice come l'erba ruvido come l'asflato
TCB ⁄ Comune di Milano
↓
“Soffice come l’erba ruvido come l’asfalto”
nasce dall’esperienza vissuta da Tomaso
Clavarino per oltre tre mesi in via Quarti,
a Milano, e negli immediati dintorni.
L’artista raccoglie e restituisce un mosaico
variegato di frammenti, immagini asciutte
e formalmente controllate, dettagli e
sfumature rivelatrici di una frequentazione
attenta e prolungata.
Gli oggetti, i particolari, i colori
si rivelano così necessariamente esatti,
perfettamente riconoscibili per chiunque
attraversi, viva, lavori in questo o in
altri quartieri di periferia, sebbene ogni
singola situazione possa apparire casuale
e transitoria.
I ritratti — pur sfuggenti, com’è naturale
che sia in una geografia sociale così
complessa e stratificata — suggeriscono una
complicità diffidente ma schietta e reale,
lo si capisce. Misurano lo spazio fisico e
gli danno senso. Non a caso le persone con
cui Clavarino ha stretto un patto silenzioso
sono giovani e adolescenti, un momento
della vita di per sé simbolo di passaggio,
dolcezza e durezza insieme, ricerca spesso
sofferta di una rappresentazione di sé.
La presenza umana si relaziona con
il cemento e l’asfalto propri della città
ma anche con il verde e la natura che
proviene dal parco delle cave, presenza
quasi selvatica e paurosa, che sembra poter
forzare e insinuarsi tra i palazzi ALER.
Nel loro apparire indefiniti, ossia che non
si prestano a una definizione univoca e una
funzione precisa, gli spazi che compaiono
nelle fotografie ci ricordano quanto
indeterminatezza possa anche significare
possibilità, soprattutto in una città come
Milano, ossessionata dall’occupazione
di ogni vuoto, dallo scintillio di ogni superficie,
dalla misura, dalla rendita
e dalla prestazione. Reclamano una
loro presenza di fronte alla storia,
ricordandoci, semplicemente, che ci sono.
E che tra le erbe disordinate e spontanee,
il calcestruzzo che si sgretola, le distese
di ghiaia con i segni degli pneumatici,
le recinzioni divelte che aprono mondi,
si cresce si gioca ci si ama come e forse
più che in altri luoghi.
Tra esploratore e viandante, Tomaso
Clavarino non fa altro, in fondo, che
percorrere un luogo consueto e misterioso
insieme, lentamente, con una sensibilità
non comune, alla ricerca di indizi,
per costruire una mappa che consenta a noi
spettatori di orientarci e a chi ci vive
di riconoscersi, anche solo parzialmente.
E in questo modo ci fa incontrare.
“La storia comincia raso terra, con dei
passi”, scriveva De Certeau.
Estratto dal testo “Raso terra”
di Matteo Balduzzi
PUBLISHED BY
Comune di Milano
PHOTOGRAPHS
Tomaso Clavarino
TEXTS
Matteo Balduzzi
Matteo Nardiello
GRAPHIC DESIGN
Paolo Angelini
PAPERS
Favini Burano Grigio Grafite 250g
Magno Volume 135g
TYPE SET
FT Regola Neue, Formula Type
PRINT RUN
400 copies